«Sta nelle cosiddette "consegne" la chiave degli interrogativi su cosa sia accaduto in quelle ore che hanno visto la morte di Riccardo Tammiso e Pierpaolo Nonnis. Lì sono racchiuse le nostre enormi difficoltà nell'affrontare quotidianamente turni di lavoro a dir poco invivibili, indecenti, indecorosi e disumani».
Sono le grida disperate di un operatore degli Istituti Polesani che chiede sia fatta chiarezza e che emerga il reale ritratto di chi, minuto per minuto, è a stretto contatto con gli ospiti della struttura. L'operatore preferisce rimanere anonimo, «perché in quel posto io ci devo lavorare».
Ma la sua è una testimonianza preziosa che descrive il profondo disagio in cui versano i suoi stessi colleghi e i pazienti degli Istituti. «Da due anni a questa parte tutti gli operatori annotano nelle consegne le problematiche del reparto. Le consegne sono dunque rapporti scritti e dettagliati su eventuali malesseri, scontri e aggressioni che avvengono ogni giorno nella struttura. Queste vengono stilate per informare i colleghi del turno successivo, ma dovrebbero essere consultate da tutto il personale sanitario, compresi medici e psicologi. Tutti perciò sono a conoscenza di quanto accade nella clinica psichiatrica. Non lavoriamo certo in una casa di riposo». Anni di denunce a detta dell'operatore, rimaste tuttavia lettera morta. «Cos'è cambiato in questi anni? Chi ci ha prestato ascolto? Amiamo i nostri ospiti ma siamo esausti di lavorare a certe condizioni». Secondo l'operatore, fenomeni di aggressione dei pazienti come quella di Davide, l'ospite che avrebbe avuto una colluttazione con Tammiso e Nonnis, sono difficili da contenere. «Davide è imprevedibile e molto aggressivo. L'operatore che ha tentato di sedare una lite con Nonnis è stato colpito con una sedia. Nel reparto 11 le urla dei pazienti sono continue e nella confusione ventotto ospiti ad elevata problematicità possono causare un inferno. Gli operatori destinati ad un reparto ed impiegati altresì per le pulizie, sono tre al mattino, due al pomeriggio, e uno alla notte. Occorre una diversa organizzazione del lavoro e dei reparti».
© riproduzione riservata
Sono le grida disperate di un operatore degli Istituti Polesani che chiede sia fatta chiarezza e che emerga il reale ritratto di chi, minuto per minuto, è a stretto contatto con gli ospiti della struttura. L'operatore preferisce rimanere anonimo, «perché in quel posto io ci devo lavorare».
Ma la sua è una testimonianza preziosa che descrive il profondo disagio in cui versano i suoi stessi colleghi e i pazienti degli Istituti. «Da due anni a questa parte tutti gli operatori annotano nelle consegne le problematiche del reparto. Le consegne sono dunque rapporti scritti e dettagliati su eventuali malesseri, scontri e aggressioni che avvengono ogni giorno nella struttura. Queste vengono stilate per informare i colleghi del turno successivo, ma dovrebbero essere consultate da tutto il personale sanitario, compresi medici e psicologi. Tutti perciò sono a conoscenza di quanto accade nella clinica psichiatrica. Non lavoriamo certo in una casa di riposo». Anni di denunce a detta dell'operatore, rimaste tuttavia lettera morta. «Cos'è cambiato in questi anni? Chi ci ha prestato ascolto? Amiamo i nostri ospiti ma siamo esausti di lavorare a certe condizioni». Secondo l'operatore, fenomeni di aggressione dei pazienti come quella di Davide, l'ospite che avrebbe avuto una colluttazione con Tammiso e Nonnis, sono difficili da contenere. «Davide è imprevedibile e molto aggressivo. L'operatore che ha tentato di sedare una lite con Nonnis è stato colpito con una sedia. Nel reparto 11 le urla dei pazienti sono continue e nella confusione ventotto ospiti ad elevata problematicità possono causare un inferno. Gli operatori destinati ad un reparto ed impiegati altresì per le pulizie, sono tre al mattino, due al pomeriggio, e uno alla notte. Occorre una diversa organizzazione del lavoro e dei reparti».
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