Verdini esce? Alfano rientra? Forza Italia nel pallone

Venerdì 30 Gennaio 2015
«Ma non ha cacciato Inzaghi figuriamoci se rinuncia a Verdini!». La tesi dell'ex ministro azzurro è che «passata la buriana, il patto del Nazareno resterà in piedi». Forza Italia è in ebollizione. Volano gli stracci tra fittiani e nazareni. Silvio Berlusconi è nervoso e talmente sicuro di essere stato «tradito» da Renzi che si guarda bene dal chiedere ai magistrati una deroga che gli permetta di restare a Roma. A nauseare il Cavaliere anche il comportamento di molti esponenti di FI i quali, dopo anni di continui inchini, ieri hanno trovato il coraggio per chiedere all'ex presidente del Consiglio di «farsi da parte». Berlusconi non se lo fa dire due volte e fa accendere i motori dell'aereo che lo riporta ad Arcore e domani a Cesano Boscone. In sostanza «meglio gli anziani della casa di riposo che i nominati di largo del Nazareno».
A Roma lascia un manipolo di luogotenenti in conflitto tra loro. «Non ne posso più di essere guidata da un paio di deficienti», sostiene la deputata azzurra che si sposta di capannello in capannello. «Rischiamo l'isolamento», si interroga Maria Stella Gelmini che pur considerando la candidatura di Mattarella «un colpo basso che finirà con l'indebolire Renzi», sta sulla linea di Giovanni Toti: «Il Quirinale è una cosa, le riforme costituzionali ed elettorali un'altra». Berlusconi chiama anche la figlia Marina che lo rassicura sulla tenuta delle aziende. Il Cavaliere tentenna per tutta la mattinata. Su una mano ha gli editoriali scritti da Mattarella quando era direttore del Popolo e le interviste degli ultimi trent'anni del possibile nuovo inquilino del Colle. Sull'altra uno schemino che racconta la possibile distribuzione dei voti dalla quarta votazione in poi. Un paio di telefonate in direzione di palazzo Chigi convincono l'ex premier che Renzi non considera alternative al nome di Mattarella. «Un prendere o lasciare inaccettabile», tuona il Cavaliere. «Il ragazzo con me ha chiuso», tuona Berlusconi contro Renzi prima di incontrare alla Camera i grandi elettori azzurri e usare toni molto più soft. «Mi ha chiamato Mattarella (la telefonata in realtà è stata fatta dal Cavaliere) e gli ho spiegato che contro di lui non ho nulla di personale e che votiamo scheda bianca per rispetto». Una mano tesa utile per il dopo e che tiene conto del rischio che alla fine il patto con l'Area popolare possa non reggerà e che il partito di Alfano, per obbligo di lealtà di governo, alla fine possa spaccarsi e votare Mattarella dalla quinta in poi e sempre che non esca alla quarta votazione. Raccontano che ieri sera, per convincere Alfano a restare incollato a FI, Berlusconi sarebbe anche pronto ad aprirgli di nuovo le porte di FI mettendolo alla guida di un nuovo partito. «Ora le riforme e la legge elettorale se le fa da solo con Fassina e Civati», attacca il Cavaliere che per sbollire l'ira, senza compromettere nulla ed evitare il banco degli imputati, decide di rientrare ad Arcore.
In un partito ormai ben oltre la crisi di nervi, solo Fitto esulta («l'avevo detto che stavamo sbagliando tutto»). Una ventina di senatori e una trentina di deputati sarebbero pronti a votare Mattarella. I primi per fare un dispetto a Fitto, i secondi per smentire Brunetta che il gruppo azzurro di Montecitorio non lo controlla ormai da tempo. Infine ci sono i siciliani, partito nel partito, che Mattarella sono pronti a votarlo dalla quarta. La falla dentro FI sembra destinata ad allargarsi.
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