Ue, via libera alla manovra «ma avanti con le riforme»

Domenica 23 Novembre 2014
ROMA - Via libera dell'Unione Europea alla legge di stabilità. Bruxelles, che invita Roma ad andare avanti «nelle riforme necessarie», non farà partire alcuna procedura e riconoscerà che nel 2014 ci sono state «circostanze eccezionali». A marzo però ci sarà un nuovo esame, per l'Italia così come per Francia e Belgio. Martedì il collegio dei commissari (l'equivalente del consiglio dei ministri del governo europeo) darà via libera anche alla possibilità per i contributi nazionali destinati al Fondo investimenti di essere «volontari» e, soprattutto, di essere «esclusi dal calcolo del deficit». Ad aiutare l'esito della valutazione, secondo fonti europee, sarebbe stato anche «l'accordo fra Renzi e Juncker» raggiunto al G20 in Australia.
La prima maratona notturna sugli emendamenti alla manovra del governo, come nella più classica delle tradizioni, porta però qualche novità inattesa. Ad ottenere un allentamento dei vincoli di bilancio, come annunciato dal governo, non sono stati solo i Comuni. Tra i beneficiati del pacchetto di emendamenti votati nella notte tra venerdì e sabato, anche le Regioni sono riuscite ad ottenere credito. Il governo, con una sua proposta di modifica approvata dalla Commissione bilancio, ha eliminato un articolo del decreto 35 del 2013, quello che ha avviato l'operazione di pagamento dei debiti commerciali della Pubblica amministrazione. Cosa diceva la norma abrogata? Per le Regioni che battono cassa con il Tesoro per ottenere i soldi necessari al pagamento dei debiti arretrati, c'è il divieto assoluto di contrarre nuovi mutui o nuovi debiti, se prima non hanno raggiunto il pareggio strutturale di bilancio. Insomma, se le entrate e le uscite non sono in pari, per i governatori scatta il divieto di fare nuovi debiti. O meglio scattava. Eliminato il comma del decreto 35, le Regioni potranno ricominciare ad indebitarsi. Non solo. Il divieto si estendeva anche alle garanzie prestate alle società controllate che avessero bisogno di fondi. Una morsa alla quale era difficile sfuggire, anche perché la norma prevedeva che il controllo sul rispetto di questo diktat spettasse ad un tavolo tecnico nel quale sedeva anche la Ragioneria di Stato. Ma perché la decisione di liberare di nuovo le mani alle Regioni sul debito? Probabilmente si tratta di un primo tentativo di compensare i 4 miliardi di tagli previsti dalla legge di Stabilità, e sui quali con i governatori il governo sta combattendo un complicato braccio di ferro. Sempre in questa logica, nella notte di venerdì, è stato approvato anche un altro emendamento che permette alle Regioni di ottenere anticipazioni dalla tesoreria di Stato non più con un limite di tre dodicesimi, ma di cinque dodicesimi.
Fin qui le modifiche approvate al provvedimento del governo. Quello che continua a lievitare, invece, è il pacchetto di novità che l'esecutivo punta ad introdurre nel passaggio al Senato della legge. Alla tassazione sulla casa che, ha spiegato il vice ministro Enrico Morando, sarà radicalmente cambiata con la local tax, si aggiunge l'ipotesi di un dietrofront completo sulla tassazione dei Fondi pensione. L'aliquota sui rendimenti è stata aumentata dall'11,5% al 20%. Al Tesoro avrebbero preparato delle simulazioni per abbassarla al 15-17% con un costo di 120 milioni. Ma in realtà, a via XX settembre, si è aperto un dibattito se i fondi pensione vadano considerate rendite finanziarie o risparmio previdenziale. Se dovesse prevalere questa seconda interpretazione, l'aliquota verrebbe riportata all'11,5% cercando coperture su altre voci. Anche sull'Irap verranno introdotte delle modifiche.
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