Servizi sotto accusa per la fuga del boia

Sabato 28 Febbraio 2015
LONDRA - Non è colpa dei servizi segreti britannici se Mohammed Emwazi è diventato uno dei boia di Isis, l'uomo che con il suo accento londinese ha lanciato messaggi di morte all'Occidente agitando un pugnale nei video tristemente celebri delle decapitazioni degli ostaggi. Non è colpa dei servizi segreti né perché hanno ignorato un pericolo che conoscevano, essendo stati in contatto con Emwazi per ben cinque anni, né perché gli hanno reso la vita impossibile come raccontato dall'associazione Cage, che lavora con le persone colpite dalle misure antiterrorismo.
Un'accusa, quella di Cage, che Boris Johnson, primo cittadino di Londra, ha respinto con sdegno, definendola “apologia di terrorismo” e aggiungendo: “Questa vipera è stata cresciuta nel cuore di Londra. Dobbiamo affrontare la loro ideologia a testa alta”. Gli ha fatto seguito Downing Street, che ha bollato le accuse della charity, gestita da un ex prigioniero di Guantanamo, come “reprensibili”. Cameron ha dichiarato ieri che “faremo tutto quello che è in nostro potere, con la polizia, con i servizi di sicurezza, con tutto quello che abbiamo a nostra disposizione per trovare queste persone e per impedire loro di agire”.
Al di là dei proclami, la situazione dei servizi è delicata. Secondo alcune email emerse insieme alla vera identità del boia John, l'MI6 lo seguiva dal 2009, ossia da quando gli era stato negato l'accesso in Tanzania per un presunto safari che, secondo le autorità britanniche e locali, somigliava più ad una presa di contatto con il gruppo terroristico somalo di al-Shabaab. Nelle email rese note da Qureshi, Mohammed Emwazi racconta che mentre cercava di partire per l'Africa era stato fermato all'aeroporto olandese di Schipol e interrogato da un agente britannico che aveva detto di chiamarsi ‘Nick' e che lo aveva esortato a confessare i suoi piani di andare in Somalia, e non in Tanzania, prima di dirgli: “Ascolta Mohammed, hai il mondo davanti a te, hai 21 anni, hai appena finito l'università: perché non lavori per noi?”.
Un'offerta che il giovane aveva prontamente rifiutato prima di ritrovarsi, come ‘Nick' gli aveva annunciato, nel mirino delle autorità, che lo fermavano e lo interrogavano in continuazione. Nel 2010, secondo Cage, aveva iniziato a sentirsi accerchiato e vittima di ingiustizie. Non gli era permesso di lasciare il paese nonostante i numerosi tentativi. Solo nei primi mesi del 2013 è riuscito a scappare. La sua famiglia ha denunciato la sua scomparsa poco dopo e le autorità hanno detto loro che era in Siria. Il resto è storia.

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci