Ripresa più difficile Il governo a caccia di 16 miliardi

Venerdì 1 Agosto 2014
Ripresa più difficile Il governo a caccia di 16 miliardi
ROMA - Di sicuro Matteo Renzi si è morso la lingua, per non pronunciare la sua ormai famosa frase: «Fassina chi?» riferita all'ex responsabile economico del Pd all'epoca di Bersani, ovviamente con un cambio di cognome. Ma nonostante la tentazione, il premier non ha evitato di pronunciare parole di fuoco rivolgendosi a Carlo Cottarelli, da lui voluto come commissario per il taglio della spesa pubblica
«Rispetto e stimo Cottarelli: farà quello che crede. Ma non è Cottarelli il punto fondamentale: la spending review la facciamo anche se va via, dicendo con chiarezza che i numeri sono quelli». Così sillaba Renzi durante la direzione del Pd, pronunciando quello che sembra un benservito. E a questo punto, il mister spending review viene dato da molti già con le valige pronte per tornare all'Fmi.
La reazione del premier arriva dopo che mercoledì Cottarelli aveva pubblicato sul suo blog una dura critica su come il Parlamento gestisce i risparmi di spesa a lui affidati. Soprattutto quelli futuri, ancora non contabilizzati, citando la questione degli insegnanti ('quota 96') che sarebbe stata risolta mettendo a rischio i fondi destinati invece al taglio delle tasse. Caso Cottarelli a parte, da una parte la crescita piatta, stagnante. Dall'altra le difficoltà nella realizzazione dei tagli selettivi, le cui risorse sono già in parte «impegnate» dal Parlamento in questi mesi. Appare decisamente in salita la strada per centrare gli obiettivi di finanza pubblica. La 'stagnazione', per usare le parole dell'Istat, ridurrà gli incassi fiscali e metterà in tensione i conti pubblici.
Nessuna manovra è in arrivo sul 2014. Ma sul 2015 tra promesse da onorare e risorse già impegnate il compito si fa difficile. Renzi dice di attendersi 16 miliardi dalla revisione della spesa nel 2015. A pesare è soprattutto il quadro congiunturale. Un grafico dell'Istat indica in modo esplicativo che nel secondo trimestre, ci si attesterà attorno a +0,2%. Anche il premier mette le mani avanti. «La situazione economica nella quale siamo non è quella che avremmo voluto vedere - spiega - si immagina ripresa a livello europeo che non sta arrivando o sta arrivando in modo meno forte». Poi, subito dopo, corregge il tiro. «A me settembre non fa paura, non perché sono uno scriteriato, ma perché vedo i dati». E i suoi spiegano che in base ai dati non servono manovre.
Già i dati. Solo a metà settembre il governo metterà a punto il nuovo quadro macro economico. Ma è chiaro che la crescita non sarà dello 0,8% come programmato. Il deficit, ora al 2,6%, potrebbe salire fino al 2,9%. Se così sarà davvero non servirà una manovra per quest'anno. Diverso, invece, se il pil sarà fermo sullo zero. Ma per il prossimo anno è partita la caccia alle risorse: obiettivo ridurre il deficit e attuare politiche pro-crescita. Per evitare tasse si puntava sulla spending review di Cottarelli, che aveva promesso 17 miliardi. Di questi 2,7 miliardi sono già stati trovati con il decreti Irpef. Ma se si guarda alla «lista della spesa» si scopre già che i conti hanno qualche criticità. Ne servono 14,3 solo per stabilizzare gli 80 euro e il calo del 10% Irap anche nel 2015. «Siamo sicuri che abbiamo le coperture», ha assicurato Renzi. Servono poi 4,9 miliardi per correggere il deficit (come previsto dal Def), circa 3 miliardi per evitare che scattino tagli agli sconti fiscali previsti come clausole di salvaguardia. Ma soprattutto servono i soldi per onorare la promessa di estendere il bonus di 80 euro anche ai pensionati e ad alcune partite Iva.

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