Offensiva Usa in primavera

Domenica 25 Gennaio 2015
Sarà un'offensiva massiccia, simile a quelle che videro la liberazione delle città europee durante la Seconda Guerra Mondiale. Per strappare la città irachena di Mosul dagli artigli di Isis, gli americani stanno addestrando i soldati delle forze armate regolari irachene, mentre i turchi assistono i peshmerga curdi e l'Iran prepara le falangi dei volontari sciiti. Forse già in primavera, questa forza di terra tenterà la liberazione di quella che era la seconda città dell'Iraq e che oggi è un fantasma dissanguato dallo stato di polizia degli estremisti islamici.
I piani sono stati confermati dal generale Usa Lloyd Austin, capo del Comando Centrale e ideatore della strategia militare adottata dalla Casa Bianca nella guerra contro il Califfato. Austin ha ammesso che la liberazione di Mosul potrebbe avvenire più velocemente se gli americani mandassero le loro truppe, ma ha anche sostenuto che "devono essere gli iracheni" a liberare la loro terra. E ha spiegato che uno degli ostacoli più difficili sarà convincere il governo di Bagdad a mandare all'offensiva le truppe scelte che attualmente difendono la capitale e lasciare che a difendere Baghdad siano invece le giovani leve addestrate negli ultimi mesi: "Non c'è speranza di salvare Baghdad se non si libera il nord" ha insistito Austin.
Nei giorni scorsi il segretario di Stato americano John Kerry ha descritto a Londra i successi della coalizione internazionale nella lotta contro Isis, e ieri ha ripetuto le stesse informazioni davanti alla platea dei potenti del mondo riuniti a Davos in Svizzera. Kerry ha assicurato che la controffensiva aerea internazionale nel nord dell'Iraq ha già strappato al Califfato circa 700 chilometri quadrati di territorio, e ha interrotto molte delle vie di comunicazione e rifornimento delle falangi. I bombardamenti hanno anche decimato le forze militanti, causando la morte di "circa 6 mila soldati e ufficiali". Kerry ha anche sostenuto che l'offensiva (forse aiutata dal crollo del prezzo del petrolio) ha causato sofferenza economica al Califfato tant'è che lo stipendio dei combattenti "è stato decurtato del 75 per cento". Ciò significa che un soldato di Isis invece che guadagnare mille dollari al mese ora ne prende 250.
La decimazione dovuta ai bombardamenti aerei e il crollo del salario ha apparentemente reso meno attraente l'arruolamento nelle falangi, e questo sarebbe il motivo per cui il Califfato ha cominciato a usare ragazzini ancora sui banchi di scuola.
Intanto Barack Obama ha deciso di accorciare di un giorno il viaggio in India per andare in Arabia Saudita e partecipare ai funerali del re Abdullah e incontrare il suo successore, Salman bin Abdul Aziz. Un gesto di rispetto che dimostra l'importanza che la Casa Bianca attribuisce all'alleanza con il regno saudita, preoccupato come Washington dall'avanzata di Isis. Negli ultimi mesi il governo di Riyad ha cominciato la costruzione di una "muraglia" lungo il suo confine con l'Iraq, nell'intento di fermare un'eventuale offensiva delle falangi. Nonostante infatti il regno saudita sia sunnita come i membri di Isis, ha espresso la sua condanna verso la forma violenta e destabilizzante dell'islamismo adottata dal Califfato, in cui vede una possibile minaccia interna come fu a suo tempo al-Qaeda.
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