Marchese parla e torna libero

Sabato 26 Luglio 2014
VENEZIA - Il parere favorevole i pubblici ministeri veneziani lo hanno dato non appena è stata formalizzata la lettera di dimissioni dal consiglio regionale. Lasciare la carica politica era una delle condizioni, contenute nell'accordo con la Procura, perchè potesse finire il regime di arresti domiciliari di Giampietro Marchese, esponente di spicco del Partito Democratico arrestato nella retata del Mose. Si è ripetuto un po' quanto accaduto più di un mese fa con il suo compagno di partito, l'allora sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, per il quale l'uscita da Ca' Farsetti era diventata una delle clausole della trattativa tra magistrati e imputato. E così anche per Marchese è arrivata ieri pomeriggio la svolta, preludio per la chiusura della sua vicenda giudiziaria con il patteggiamento.
L'avvocato rodigino Francesco Zarbo aveva presentato l'istanza giovedì pomeriggio. Ieri mattina l'ok dei pubblici accusatori, quindi la decisione del gip, che ricalca altri analoghi provvedimenti, quando si profila una pena patteggiata che rimane al di sotto dei due anni ed è quindi coperta dalla prescrizione. Marchese, accusato di finanziamento illecito dei partiti, se la caverà con una pena di undici mesi di reclusione e con il pagamento di una sostanziosa multa. Naturalmente serve ora l'assenso del gip, che accolga l'accordo. Nel caso di Orsoni il giudice aveva invece ritenuto la pena troppo bassa, ma si trattava di 4 mesi di reclusione e 15 mila euro di multa.
Da Marchese, nell'ultimo interrogatorio, sono venute ammissioni parziali, ma sufficienti a convincere i pm che non esistevano più ragioni per lasciarlo ai domiciliari. Un'altra casella si riempie nei conti dell'accusa. I soldi pagati a esponenti del Pd hanno trovato una conferma con le ammissioni degli interessati, dimostrazione che le confessioni di Baita e Mazzacurati non erano invenzioni. Il consigliere regionale è stato tirato in ballo innanzitutto per aver incassato 58 mila euro nella campagna elettorale regionale del 2010. I soldi provenivano dalle cooperative rosse che erano impegnate nei lavori del Consorzio Venezia Nuova. La seconda accusa riguarda una somma complessiva oscillante tra i 400 e i 500 mila euro ricevuta, a rate di 15 mila euro, dalla Cooperativa San Martino di Chioggia.
La via del patteggiamento è aperta anche per Mario e Stefano Boscolo Bacheto, proprio della San Martino, assistiti dal profeSsor Loris Tosi e dall'avvocato Antonio Franchini. Erano già stati coinvolti negli arresti di un anno fa, quando venne a galla la turbativa d'asta che portò in carcere Giovanni Mazzacurati. Nella retata di giugno è stato arrestato Stefano Boscolo. Nei confronti della San Martino l'elenco dei reati è lungo: oltre alla turbativa d'asta, le false fatturazioni e la corruzione (che però il Tribunale del riesame aveva poi valutato come una concussione). L'accordo per il patteggiamento dovrebbe chiudere entrambe le inchieste, quella del 2013 e quella di quest'anno, con una pena fissata in due anni (sotto la condizionale) e con una multa molto elevata, 670 mila euro, che riflette l'entità delle contestazioni fiscali.
G. P.

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