La difesa: «Il caso Galan al Tribunale dei ministri»

Venerdì 1 Agosto 2014
Su due questioni di procedura si gioca il destino di Giancarlo Galan, principale imputato dell'inchiesta Mose. Oggi la resa dei conti di fronte al Riesame, con una ponderosa memoria preparata dai difensori, gli avvocati Antonio Franchini e Niccolò Ghedini, a cui si opporrà la Procura per veder confermare l'arresto dell'ex governatore.
La difesa gioca carte pesanti. Di Giancarlo Galan, sostiene, deve occuparsi il Tribunale dei ministri per i fatti contestati dopo il 2010. In alternativa, la Procura di Padova, visto che la prima accusa si riferisce a un reato commesso all'estero e quindi scatta la competenza territoriale del luogo dove risiede l'indagato. Ma gli indizi - continuano gli avvocati - non sono gravi, i testimoni contraddittori, lacunosi, interessati, mancano i riscontri di soldi pagati e incassati. Quello che dicono Gianni Mazzacurati, Piergiorgio Baita e Claudia Minutillo rimane privo di riscontri, è indeterminato, generico. Quindi, inattendibile. In ogni caso, il parlamentare non può reiterare i reati, non vuole fuggire e non può inquinare le prove. «Per questo l'arresto è da annullare e la misura del carcere può essere modificata negli arresti domiciliari, nella villa di Cinto Euganeo, oppure nella casa del fratello a Treviso o della madre a Padova».
Il primo affondo. Dall'aprile 2010 al novembre 2011 Galan è stato ministro all'Agricoltura e alla Cultura. Sia Baita che Mazzacurati dicono di averlo pagato (un milione di euro nel 2010-11, più ricostruzione della barchessa) proprio perché faceva parte del governo, visto che non aveva più potere sulla Regione Veneto. I difensori invocano, quindi, lo stesso trattamento riservato ad Altero Matteoli, ovvero l'istruttoria preliminare del Tribunale dei ministri.
Portare via l'inchiesta (dopo il 2010) ai Pm che l'hanno costruita sarebbe un colpaccio. Infatti, la difesa gioca le sue carte anche sull'incompetenza per territorio: poiché il primo reato è localizzato a San Marino (50mila euro su un conto corrente), la competenza si radica nel luogo di residenza o arresto dell'indagato. In ogni caso, a Padova.
Un fuoco di sbarramento o una serie di contestazioni fondate? Lo dovranno stabilire i giudici. I difensori non contestano solo la competenza, ma anche i "gravi indizi di colpevolezza". E qui si capisce perché Galan ha sparato contro Claudia Minutillo, sostenendo che si è intascata 500mila euro di due imprenditori destinati a lui e che potrebbe essersi trattenuta anche i 200mila euro versati da Baita nella campagna elettorale del 2005. Demolendo la sua ex collaboratrice, verrebbe meno una delle tre gambe del tavolo delle accuse. Le altre due sono Mazzacurati e Baita. Non a caso nell'indagine difensiva ha deposto (si veda sotto) anche la moglie di Galan, Sandra Persegato.
Le loro versioni devono coincidere ed avere riscontri esterni. Per il Codice, infatti, le chiamate di correo devono essere "immediate, univoche, spontanee, genuine, coerenti e disinteressate". Ma gli avvocati sostengono che questi elementi mancano. Anzi, grazie alle accuse a Galan i tre (arrestati nel 2013) avrebbero ricevuto solo benefici giudiziari. «È "incredibile" che i Pm non abbiano ritenuto di presentare nei confronti di costoro alcuna richiesta di cautela personale in questo processo e addirittura, questo ci pare francamente più sconcertante, nessuna richiesta di sequestro del profitto dei reati di corruzione!» scrivono i legali.
I difensori passano una ad una le supposte dazioni di denaro, contestandole. Ma sostengono che una buona parte è già prescritta, perché sono trascorsi più di sei anni dai fatti. Ecco l'elenco: un milione di euro all'anno dal 2005 al 2008, 900mila euro per un intervento in Commissione di Salvaguardia sul Mose, 900mila euro per due commissioni Via sul Mose, 200mila euro di Baita nella campagna elettorale del 2005, la ristrutturazione della villa di Cinto Euganeo e il versamento di 50mila euro a San Marino. «L'intervenuta prescrizione non è stata rilevata nè dai pubblici ministeri in sede di richiesta della misura, nè tantomeno dal gip in sede di ordinanza cautelare, che sul punto non ha speso una sola parola!».

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