Il premier promette «Non taglieremo gli assegni familiari»

Mercoledì 16 Aprile 2014
ROMA - Matteo Renzi vuole assolutamente approvare prima di Pasqua il decreto con il taglio del cuneo per rispettare la promessa degli 80 euro in busta paga da maggio. Ma per il governo è corsa contro il tempo: entro domani le Camere devono approvare il Def a maggioranza assoluta mentre Palazzo Chigi deve definire le coperture dalla spending review e risolvere il nodo per garantire gli sgravi anche agli incapienti. L'ultimo tassello, di prassi ma ugualmente delicato, è avvisare la Commissione Europea del rinvio al 2016 del pareggio di bilancio con una lettera che partirà nelle prossime ore.
Renzi è talmente concentrato sul decreto Irpef con il quale, ripete sempre il premier, «daremo una 14. a 10 milioni di italiani», che ieri ha lasciato al ministro degli Affari Regionali Lanzetta il timone del consiglio dei ministri. Per tuffarsi insieme al ministro Pier Carlo Padoan e al commissario Carlo Cottarelli sui tagli alla spending review. Dalla quale, come ha ribadito il sottosegretario Graziano Delrio, arriveranno tutte le risorse per il taglio del cuneo. Il cammino stretto sul quale deve passare il governo è trovare risorse eliminando sprechi e riorganizzando la salute pubblica ma evitando tagli lineari ai servizi. Il premier, che non ha timore a sbandierare la sua campagna per far pagare manager e banche, è invece molto preoccupato a non colpire i cittadini. «No, non è vero che faremo tagli agli assegni familiari», smentisce, in serata, su twitter. Da qui a venerdì, quindi, si farà un lavoro di cesello che, come scherza Renzi, lo impegna parecchio. «Giornata di lavoro su carte e documenti. Era dai tempi del liceo che non studiavo così tanto. Ma bene, molto bene. È proprio #lavoltabuona».
Sul fronte delle nomine, il premier non incassa del tutto il giudizio positivo della Borsa. È stato un giudizio in chiaro-scuro. Scuro nel caso di Mauro Moretti, l'attuale amministratore delle Ferrovie catapultato in Finmeccanica. Ieri il titolo della società della Difesa ha chiuso le contrattazioni con un pesante passivo, un rosso del 5,22%. I dubbi del mercato si sono concentrati soprattutto sulle future strategie industriali di Moretti. Finmeccanica era in procinto di vendere, con il benestare del governo, Ansaldo Sts e Ansaldo Breda. Proprio quest'ultima, società che produce treni costantemente in perdita, è una delle maggiori fonti di preoccupazione degli analisti. Moretti ha sempre sostenuto che i trasporti vanno prima ristrutturati e poi venduti e questo allungherebbe i tempi di una cessione che ormai era data per fatta dal mercato. Più positive, invece, le valutazioni sul passaggio di consegne tra Paolo Scaroni e Claudio Descalzi all'Eni. In una Borsa che ha sofferto molto, con il Ftse Mib sceso del 2,33%, Eni ha chiuso sostanzialmente stabile le contrattazioni. Così come ha retto anche Enel, che ha ceduto il 2,39%, in pratica in linea con il mercato. Per quanto riguarda invece le Poste, gli analisti si attendono che Francesco Caio prosegua sulla strada della quotazione già intrapresa da Massimo Sarmi.
La scelta di Mr. Agenda digitale ha anche riacceso il dibattito su un eventuale scorporo della rete Telecom, di cui Caio è da sempre fautore, e del ruolo che Poste potrebbe avere in un'eventuale società nella quale potrebbe essere conferito l'asset infrastrutturale. Il giro di nomine del governo, tuttavia, non si è ancora chiuso.