Euro, clandestini, lavoro: la riscossa parte dai temi concreti

Domenica 26 Ottobre 2014
«Se ci fosse un programma comune del centrodestra mi candiderei alle primarie, perché no? Lo faccio anche se si candida Flavio Tosi che forse è più bravo di me». Matteo Salvini accelera e va all'incasso del lavoro fatto in dieci mesi di segreteria federale. Mesi in cui ha preso in mano una Lega Nord allo sbando, rimesso insieme i cocci dello scomparso monolitismo bossiano, le ha ridato ossigeno (6,2% alle Europee, sondaggi oltre l'8%), verve, una linea, magari giocata su più tavoli, un futuro quando sembrava non averne più. I 50.000 alla manifestazione "Stop invasione" di sabato 18 a Milano, sono stati il sigillo di questa fase: come dice Marzio Favero, sindaco di Montebelluna, «in piazza Duomo si è chiusa davvero l'era della prima Lega», quella dell'Umberto e della mitologia padana. Se ne è aperta un'altra, evoluzione della prima, dove si tratta di far convivere le diverse, litigiose anime del movimento riemerse dopo il disgelo della fine dell'era bossiana, non ancora vere e proprie correnti, e dove alcuni filoni classici vengono ripresi con accenti nuovi. Ricorrendo ad alleanze strategiche trasversali su singoli temi - quelle che il 5 Stelle di Grillo sprezzantemente rifiuta - con il Front Nationale di Marine Le Pen, la destra di CasaPound («è un movimento democratico, meglio dei centri sociali»), la sinistra dei metalmeccanici della Fiom. Quali temi? Uscita dall'euro e recupero della sovranità monetaria, contrasto all'Europa dei burocrati, lotta all'immigrazione clandestina, difesa del lavoro e delle imprese italiane, critica radicale alla globalizzazione, difesa della famiglia tradizionale. C'è poi il progetto autunnale di figliare "Leghe gemelle" nel Centro e Sud («Lega dei Popoli») che già Umberto Bossi, ai bei tempi, aveva tentato di promuovere e oggi infatti benedice («è il Rinascimento leghista»).
In tutto questo attivismo, venerdì Salvini si anche è candidato a leader del centrodestra post Berlusconi. Fa sul serio: alle Regionali dell'Emilia-Romagna, il 23 novembre, la Lega si presenterà col suo nome nel simbolo elettorale. Insomma, l'operazione palazzo Chigi è scattata. Non ne sarà entusiasta il sindaco di Verona, Flavio Tosi che un anno fa, a Mantova, lanciava la sua Fondazione "Ricostruiamo il Paese" - progetto parallelo/collaterale a quello della Liga Veneta di cui è segretario - candidandosi per primo alle primarie del centrodestra. Le mosse di Salvini, però, rischiano di chiudergli la strada. Una in particolare: se il tuo leader ti dice che corre lui, infatti, per te il discorso è finito, anche per un tenace come Tosi. Raccontano che Salvini non gradisca affatto il feeling tra Tosi e Corrado Passera, banchiere, ministro allo Sviluppo nel governo Monti, ora fondatore del movimento Italia Unica. Alla manifestazione di Cittadella, in settembre, Salvini era stato definitivo nello stroncare qualunque ipotesi di alleanza con Passera. Ma Tosi tira dritto, ad esempio mercoledì a Verona è previsto un evento pubblico con l'ex banchiere. Non sfugga la ricaduta che la candidatura a premier di Salvini avrà sulle Regionali venete della prossima primavera e sugli equilibri interni della Lega, come si vedrà nelle prossime settimane, assieme alla chiusura dei congressi provinciali (manca Rovigo, l'ultimo dei commissariamenti tosiani) che hanno visto prevalere la maggioranza che fa capo al sindaco di Verona. Sta per scaldarsi insomma la partita a scacchi tra il governatore Luca Zaia e il segretario Tosi, sulle liste e la loro composizione. Zaia ha sempre detto che prima di accettare di ricandidarsi, in previsione di cinque anni durissimi, pretende garanzie sulla qualità delle persone. Come dire: se volete il mio valore aggiunto, gli uomini li scelgo io o come minimo devono avere il mio benestare.
Ma torniamo alla svolta a destra di Salvini: il sodalizio con i nazionalisti-centralisti di Le Pen, anche nella versione meno estrema della figlia Marine, non è il massimo per quei leghisti dall'animo indipendentista o che, in nome dell'antifascismo, non digeriscono parole d'ordine di destra, sia pure utili a portar via voti a Meloni, Storace e affini (oltre che a 5Stelle e FI).
Giuseppe Pan, sindaco di Cittadella: «Siamo nella Lega per arrivare all'Indipendenza della Padania. Quella per il referendum veneto è la battaglia di tutte le battaglie. Io sono qui solo per questo. Se è cambiato qualcosa - ma non mi pare - me lo dicano che mi regolo». Salvini tiepido sul referendum, Lega troppo "rilassata" nella raccolta fondi? «Non mi pare - replica Pan - La raccolta è appena partita». Marzio Favero, sindaco di Montebelluna, è convinto dell'accelerazione impressa dal segretario, ma qualche paletto lo metterebbe: «Capisco il pragmatismo, la ricerca di alleanze indispensabili per portare avanti battaglie titaniche ma non possiamo essere a 360 gradi, con CasaPound e con la Fiom al tempo stesso. Si rischia di dare un messaggio confuso». Favero aggiunge: «Di fronte al disastro migratorio, ai flussi selvaggi, al fallimento delle politiche di controllo dell'immigrazione, la lotta di Salvini ai clandestini è sacrosanta. Molto bene anche il respiro nazionale, oltre i confini della Padania, dato alla causa federalista. Resta il fatto che il federalismo della Lega è la negazione delle posizioni monolitiche e centraliste dei Le Pen». Troppa disinvoltura nelle alleanze, quindi? Non per Toni Da Re, ex-sindaco di Vittorio Veneto: «Salvini piace, si rivede l'entusiasmo dei tempi di Umberto, perchè stiamo tornando sul territorio: la manifestazione di Milano è solo la prima di una lunga serie. CasaPound non ci interessa, tanto meno portar dentro questa gente». Dimitri Coin, neo segretario provinciale di Treviso: «I militanti stanno reagendo bene perchè vedono che la Lega è viva. C'è un consenso sui temi. E nelle assemblee il punto numero uno è sempre lo stesso: dateci lavoro».
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