«Avanti come un treno» Ma lo attende il Parlamento

Sabato 19 Aprile 2014
ROMA - Matteo Renzi, a colpi di discussioni e cambi in corsa, fino all'ultimo momento del Consiglio dei ministri, raggiunge i «mitici 80». Perché, davanti alla necessità di far quadrare il cerchio, ha deciso che per lui la priorità era mantenere la parola data il 12 marzo: mettere 80 euro in tasca a 10 milioni di italiani, non un cent di meno, anche se questo ha portato all'esclusione degli incapienti. «Dobbiamo essere credibili, oggi facciamo il primo passo, ma importante, di una rivoluzione», ha spiegato, piegando le ultime resistenze e rivendicando la sua vittoria su «gufi» e scettici.
Non ha paura della retorica, il premier, tanto meno dei bracci di ferro per portare a casa il suo primo grande provvedimento, che ha la portata di una manovra finanziaria.
È soprattutto sulla filosofia del bonus che Renzi impone la linea: su chi, anche tra i ministri, preferiva spalmarlo su una platea di 15 milioni, inclusi gli incapienti, dando meno di 80 euro, l'ex sindaco ha preferito imporre la via originaria di dare la cifra secca a quella fascia sotto i 26mila euro. «Non è una misura elettorale, anche perché arriva dopo le elezioni, ma io ho preso un impegno e voglio mantenere la parola sennò mi diranno che era solo una televendita», ha chiarito il presidente del Consiglio che, con la solita velocità mentale, già andava alle critiche di chi gli avrebbe rinfacciato che l'operazione non gli era riuscita come promesso. Per arrivare al risultato ha volutamente colpito una certa fascia di categorie e interessi: manager, alti dirigenti pubblici, presidenti delle società partecipate, consiglieri delle municipalizzate, che da 8mila diventeranno mille, la Rai. E per la prima volta a sinistra, ribatte in modo frontale alle critiche dell'Anm sui tagli agli stipendi dei magistrati.
Ma, come ha ormai fatto capire con i sindacati, per il leader Pd la politica è autonoma e non vale più il principio delle associazioni di categoria cinghia di trasmissione dei partiti e viceversa. «Noi guardiamo ai cittadini e ai lavoratori», è la filosofia dell'ex sindaco che battezza la sua lotta agli alti papaveri dello Stato come affermazione della norma Olivetti: un capo azienda non deve guadagnare più di 10 volte il suo dipendente. Renzi sa che le resistenze non sono finite e che dalla prossima settimana in Parlamento il decreto rischia di diventare ostaggio di veti incrociati. «Noi andiamo avanti come un treno», ha garantito il premier, per nulla spaventato dagli attacchi di Angelino Alfano dopo le modifiche strappate dalla sinistra Pd sul decreto lavoro.