«Ne va della nostra credibilità internazionale»

Martedì 31 Marzo 2015
ROMA - «Bloccare oggi la legge elettorale rappresenterebbe un colpo alla credibilità internazionale dell'Italia». Sul sì all'Italicum Matteo Renzi ha posto ieri in direzione una questione di fiducia che prima di essere parlamentare è personale. In gioco mette lo spessore della sua leadership che, a differenza del passato, ritiene di nutrire non con le pacche sulle spalle e i riconoscimenti tributati dalle più influenti cancellerie, ma con la forza di colui che riesce ad imporsi in casa propria.
Resta il fatto che la riunione mattutina a palazzo Chigi, con i ministri degli Esteri e della Difesa, Gentiloni e Pinotti, conferma l'esigenza che Renzi ha di tenere in stretta relazione il rinnovato impegno sullo scenario internazionale, con l'avanzare delle riforme in Italia. Ricordare che ci sono voluti «quattro governi e tre legislature» per metter mano ad una legge elettorale, è il modo che il Rottamatore trova per porsi una spanna sopra i suoi predecessori (Letta, Monti, Berlusconi e Prodi), tutti - seppur con alterne fortune - sicuramente più riconosciuti oltre-frontiera. Il «decisionismo», rivendicato ieri serve a Renzi per ribaltare l'immagine gattopardesca che all'estero si ha dell'Italia. Metter nel carniere altre riforme, non annunciate ma approvate, sono un buon viatico per Renzi che a metà aprile verrà ricevuto da Obama alla Casa Bianca. Un viaggio che Monti e Letta fecero nelle prime settimane di mandato. Renzi a Washington arriverà per parlare di Libia, Ucraina e degli sforzi dell'Italia per cambiare la governance dell'Europa. Ma se nel rapporto con Mosca (via Kiev) e nella soluzione da dare alla guerra tra le tribù libiche il confronto rischia di farsi aspro, è sul terreno delle riforme economiche e sociali che i due incontreranno più facilmente le analisi proprio per la credibilità che ha acquisito la leadership renziana nel corso di tredici mesi di governo e che l'ad di Fca, Sergio Marchionne, ascoltatissimo a Detroit come a Washington, non cessa di esaltare. Renzi è anche consapevole che l'immagine dell'Italia che scommette sulla «volta buona», rischia di essere compromessa dalla sequela di inchieste e arresti che continuano ad infettare la politica. A pochi giorni dalla conclusione dell'affaire Lupi, ieri l'arresto del sindaco del Pd di Ischia con le intercettazioni su D'Alema. Un nuovo scandalo che Renzi ieri ha accantonato promettendo una direzione ad hoc per aprire «una riflessione su come ci stiamo muovendo sui territori. Con le luci e le ombre che ci sono». Il timore di possibili riflessi sulle elezioni regionali preoccupa il presidente del Consiglio che ha fatto della lotta alla corruzione la prima bandiera da sventolare anche grazie alla nomina di Cantone. L'arresto pesa anche se la vicenda mette in luce quel sistema di rapporto tra politica e affari che ha sempre combattuto e che a suo giudizio ripropone il tema della forma partito. Ritocchi alla legge Severino o accelerazioni sulla legge che dovrebbe regolare le intercettazioni, non sono all'ordine del giorno. Anche se, sostengono i renziani, «fa sorridere che D'Alema, per difendersi, usi le stesse argomentazioni di Lupi, che la minoranza Pd non ritenne sufficienti».

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