Società pubbliche locali: pronta la riforma per tagliare i vertici, salvi i posti di lavoro

Giovedì 3 Settembre 2015
Società pubbliche locali: pronta la riforma per tagliare i vertici, salvi i posti di lavoro
Tante leggi per disboscare, ma la giungla delle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, ed in particolare di quelle locali, finora è rimasta più o meno intatta. Il presidente del Consiglio ha indicato ieri la via di un limite secco al loro numero, su base provinciale, preannunciando anche interventi su cda e collegi dei revisori. I prossimi interventi in materia avranno con tutta probabilità un forte valore segnaletico, anche se è improbabile che possano rappresentare una voce di risparmio particolarmente consistente - almeno nell'immediato - nell'ambito di un piano di spending review che dovrà fruttare almeno 10 miliardi.
Sono attesi due decreti legislativi, in attuazione della riforma della pubblica amministrazione divenuta legge nelle scorse settimane. È possibile che siano inserite misure ad hoc nella stessa legge di Stabilità, anche se in realtà ci sono già altri interventi legislativi già in corso. La legge di Stabilità dello scorso anno chiedeva ai vari enti di mettere a punto appositi piani di razionalizzazione, finalizzati all'aggregazione tra società e in generale alla riduzione del loro numero, in particolare attraverso la soppressione di quelle in cui sono presenti più amministratori che dipendenti. I progetti dovevano essere presentati entro lo scorso mese di marzo. In base al monitoraggio della Corte dei Conti solo una parte degli interessati ha rispettato la scadenza. Allo scorso 15 maggio, i piani erano stati inviati da oltre la metà degli enti interessati solo Lombardia, Umbria, Toscana, Marche Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, Abruzzo e Veneto. Per l'attuazione delle misure c'è tempo fino alla fine dell'anno: sono previsti degli incentivi per le amministrazioni virtuose (sotto forma di esenzione fiscali e di “sconti” sui vincoli del Patto di stabilità interno), ma non ci sono invece particolari sanzioni in caso di inadempienza. Negli anni precedenti erano stati introdotti obblighi più stringenti di dismissione, ad esempio in caso di ripetuti bilanci in perdita, che però poi sono stati abrogati o addirittura dichiarati incostituzionali.
Le parole di Renzi potrebbero far pensare ad una nuova strategia a base di vincoli rigidi. Tra le motivazioni indicate dal presidente del Consiglio c'è la volontà di smantellare strutture utili a procurare poltrone «al politico di turno». Certamente questa è una delle ragioni che hanno favorito il proliferare delle partecipate. Ma ne esiste anche un'altra: affidare all'esterno compiti che in precedenza venivano svolti da dipendenti dell'ente era un modo per aggirare i vincoli via via imposti alle amministrazioni pubbliche in materia di assunzioni. Quindi il nodo del personale è uno dei più delicati da sciogliere in caso di interventi davvero sostanziali. Proprio nella riforma della pubblica amministrazione è stato inserito uno specifico criterio di delega per affrontare questo problema: si parla di «introduzione di strumenti, anche contrattuali, volti a favorire la tutela dei livelli occupazionali nei processi di ristrutturazione e privatizzazione relativi alle società partecipate».
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