Lotta all'inquinamento è corsa contro il tempo

Lunedì 14 Dicembre 2015
Lotta all'inquinamento è corsa contro il tempo
Centocinquanta tra capi di stato e di governo ma il boccino da mandare in buca tra una decina di giorni - quando terminerà la Cop21 - è in mano a Stati Uniti, Cina e India, i tre più grandi "inquinatori" del pianeta. La volontà di evitare i fallimenti di Kyoto e Copenaghen è evidente dalle parole che i maggiori leader mondiali pronunciano dal palco di Le Bourget. Le resistenze dei paesi in via di sviluppo continuano ad essere forti e l'abbandono definitivo dei combustibili fossili, carbone in testa, è lontano dall'essere realizzato anche se l'obiettivo del 2% di incremento del riscaldamento globale potrebbe essere sottoscritto da oltre il novanta per cento dei partecipanti.
Stavolta dalla sfida colossale che dovrebbe evitare la catastrofe del pianeta non si tirano fuori i leader di Stati Uniti e Cina. «Sono venuto di persona come rappresentante della prima economia mondiale e del secondo inquinatore - ha sostenuto Obama - per dire che noi Stati Uniti, non solo riconosciamo il nostro ruolo nell'aver creato il problema ma che ci assumiamo anche la responsabilità di fare qualcosa in proposito. Siamo l'ultima generazione a poter salvare il pianeta».
Anche se l'impegno a ridurre i gas serra slitta al 2030, anche Xi Jinping conferma la volontà di Pechino di porsi nella scia di Usa ed Europa pur ribadendo la necessità di non trascurare le aspirazioni di sviluppo di parte della popolazione cinese che ancora vive in estrema povertà.
Le resistenze maggiori continuano ad esserci invece da parte dell'India, che non intende rinunciare al carbone a meno che la comunità internazionale non si faccia carico dei costi della riconversione.
Nei prossimi giorni il dibattito verserà proprio su questo punto. Ovvero se e come ripartire l'onore degli aiuti che andrebbero ai paesi che si impegnano in piani di riduzione delle emissioni. Un problema per i paesi industrializzati, che vengono chiamati anche da colossi come Cina ed India a pagare per collaborare agli obiettivi di riduzione del surriscaldamento del pianeta.
Obama non sottrae gli Usa dall'impegno mentre la Russia si dice disponibile a sottoscrivere l'accordo senza però tirare fuori un rublo. «Si può crescere senza per questo inquinare l'ambiente», ha sostenuto Putin rivendicando la riduzione delle emissioni e il rispetto, da parte di Mosca, degli obiettivi di Kyoto.
Alle preoccupazioni dei paesi che producono petrolio, Arabia Saudita e Venezuela in testa, si contrappongono quelle dei paesi del sud del mondo (Filippine, Maldive) che in questi ultimi dieci anni hanno subito i maggiori effetti dei mutamenti climatici e che chiedono di essere risarciti per i danni subiti.
Ancora una volta si ripropone lo scontro tra ambiente e sviluppo con il rischio, paventato dal padrone di casa - il presidente francese Francois Hollande - di «una guerra per l'accesso all'acqua». «La posta in gioco non è mai stata così alta» ha sostenuto Hollande, mentre la Cancelliera Angela Merkel ha annunciato che la Germania «entro il 2020 raddoppierà i suoi finanziamenti pubblici per le energie rinnovabili».
Buone intenzioni e tanti propositi mentre si sciolgono i ghiacciai, aumenta il livello degli oceani si desertificano intere regioni. Il problema della Cop21 non sta tanto negli impegni che alla fine sottoscriveranno tutti, quanto nel loro rispetto che non è poi altro che il rispetto per le nuove generazioni.
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