Stuprata in stazione: «Zuluaga è il mio
mostro, se fosse libero non uscirei più»

Mercoledì 20 Giugno 2012 di Giuliano Pavan
Stuprata in stazione: «Zuluaga è il mio mostro, se fosse libero non uscirei più»
TREVISO - Dovr attendere ancora una settimana prima della sentenza nei confronti del "suo" mostro. Si prolunga dunque lo stress emotivo della studentessa di 21 anni vittima dello stupro di via Dandolo (che chiameremo Anna, ndr), che ieri mattina pensava di voltare pagina vedendo il giudice condannare il colombiano Julio Cesar Zuluaga Aguirre. Ma non è stato così. A causa di un impedimento del legale dell’uomo bloccato da una lombosciatalgia.



«Speravo che fosse finita - ha detto Anna - . È giusto che ci sia la condanna e che finalmente lui paghi». Sette giorni ancora prima di togliersi un peso. Di concentrarsi sul futuro e non sul processo. Anna è forte, determinata, sicura di riprendersi la propria vita e realizzare i suoi sogni. Prima però c'è un processo da chiudere.



Cosa si aspetta? «Dopo varie sedute di terapia ho capito che non devo farmi delle aspettative. Vorrei che lo chiudessero in cella e buttassero la chiave ma non sarebbe giusto. Devo accettare il fatto che lui sia condannato».



C'è chi ha invocato la castrazione chimica, o una mano pesante della giustizia. Perché lei no? «Perché già la condanna deve bastarmi. Spero rimanga dentro per tanti anni e poi, come mi ha promesso il questore, che gli venga revocato il permesso di soggiorno».



Si è costituita parte civile e si è ritrovata faccia a faccia con lui. Cosa ha provato? «Vederlo fa parte del mio percorso e sono stata anch'io a volerlo. Ho difficoltà a sostenere il suo sguardo per quanto non abbia più nulla da temere. Faccio fatica perché comunque è il mio mostro. Non ho le angosce di notte e so che mi fa bene perché porto avanti il mio processo e riesco rielaborare il tutto».



Otto mesi fa la sua vita è cambiata. Cosa le ha fatto più male in questi mesi? «La privazione della libertà. Sono uno spirito libero, mi piace viaggiare, vedere posti e persone nuove. Mi sono ritrovata in questa situazione e non riuscire più a fare le cose autonomamente per me è stato tragico. Inizialmente non facevo niente da sola, non riuscivo a stare a casa, a guidare, non potevo nemmeno pensare di prendere un aereo e andare in Spagna».



In Spagna? «Con l’Erasmus. Sarei dovuta partire a gennaio. Avevo già vinto la borsa di studio e quella mattina del 24 ottobre stavo portando il piano di studi e le ultime carte all'università. Sono al terzo anno di Scienze Politiche e prima del fatto ero giusta con gli esami. Il mio primo obiettivo rimane quello di laurearmi e se tutto fosse andato come previsto a quest'ora sarei a Barcellona».



Un progetto sfumato o ancora possibile? «Chi lo sa. Ci vuole tempo ma so che tutto andrà bene. Vorrei fare un'esperienza all'estero ma non è ancora il momento. Prima devo stare bene psicologicamente e devo tornare a stare bene con me stessa. La voglio fare perché non è giusto che io non la faccia. Non gli do questa soddisfazione. Mi ha sconvolto i piani, succede, ma all'inizio è una delle cosa che più mi ha mandato in crisi».



Che ricordo ha di quella maledetta mattina? «Cristallizzato nella mia memoria. Credo che la lucidità mi abbia aiutato a salvare la pelle. Quel momento è stato un incubo, ricordo tutto, tutte le frasi. In questura ho saputo ricostruire tutto compreso l'identikit che si è rivelato molto preciso».



Ha ancora paura? «A volte si. C'ho messo un bel po' prima di tornare a stare da sola a casa, a guidare o a camminare per strada. A prescindere dall'atto in sé la parte più brutta è stata avere un coltello puntato alla gola. Vorresti dimenarti, gridare, tirare calci e pugni ma stai ferma immobile, c'è poco da fare».



Prima la fuga di Zuluaga, poi l'arresto. Ha mai pensato che non riuscissero a prenderlo? «Nessuno se lo aspettava anche se io c'ho sempre creduto. Sapevo che erano sulla strada giusta. Se fosse entrato nella legione straniera sarebbe stato dall'altra parte del mondo ma non riuscirei a uscire per strada perchè non saprei dov'è e non mi sentirei libera. Saperlo dietro le sbarre è un grande passo avanti».



In aula c'erano anche i suoi genitori. Come l'hanno vissuta loro questa vicenda? «Mia madre mi è stata vicino come donna perché capiva cosa provavo. Mio papà si è chiuso un po' anche se mi è stato tanto vicino. Ho dovuto invece calmare mio fratello: se lo avesse avuto per le mani Zuluaga non ne sarebbe uscito vivo».



E i suoi amici? «È anche grazie a loro se sto meglio. Non mi abbandonano mai. E devo dire grazie anche alla polizia. Sono stati bravissimi e hanno fatto un lavoro meraviglioso. Sono andati oltre. Non hanno visto il caso e basta. Mi hanno trattato come una persona e non come un fascicolo. Mi hanno trattato come se fossi la loro figlia dandomi il cuore. Non me lo sarei mai aspettata. È per questo che penso di provare il concorso in polizia. Era nato un po' come uno scherzo ma ora ci sto pensando davvero. Mio nonno era poliziotto e dopo quel 24 ottobre ho scoperto un ambiente che non conoscevo».



Lei guarda al futuro. Cosa intende fare? «Non lo so. So solo che devo vedere il lato positivo della vicenda. A quelli che mi dicono che sono sono forte io rispondo che non avevo alternative. Devo ricostruire la mia vita. Me la voglio riprendere e stare bene perché questa sarà la mia vendetta».
Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 20:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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