Il delitto di Lucia: ecco come il killer
venne inchiodato da una mosca

Venerdì 9 Ottobre 2015 di Elena Filini
Renzo Dekleva, Stefano Vanin e Lucia Manca
9
TREVISO - Se Renzo Dekleva passerà in carcere il prossimo ventennio della sua vita, lo si deve soprattutto a Stefano Vanin, 44enne entomologo trevigiano, oggi docente di biologia forense alla University of Huddersfield. Una laurea brillante a Padova, anni di contratti di ricerca e, alla fine, la scelta di emigrare in Gran Bretagna. Il paradosso è che lo Stato italiano, che gli ha praticamente precluso la possibilità di una carriera accademica, lo richiama per risolvere i casi più spinosi di cronaca nera. Da Yara Gambirasio a Melania Rea, arrivando al delitto di Lucia Manca, la bancaria trevigiana uccisa dal marito il 6 luglio 2011 e poi abbandonata sotto il viadotto di Cogollo del Cengio, sulla strada per Folgaria.



Ospite ieri ai salotti botanici di Barbazza per parlare di piante e scena del crimine, Vanin spiega come, grazie all'entomologia, ha fornito la prova determinante per incriminare Dekleva: la presenza della mosca calliforide. «Mi hanno chiamato la sera stessa del ritrovamento» conferma.



Perché si sono rivolti a lei? «Perchè i resti erano in un tale stato di decomposizione che l'unico modo per capire qualcosa era risalire agli insetti presenti sul corpo».



Cosa ha rivelato l'autopsia? «Sul cadavere ho individuato delle mosche calliforidi, specie tipica della stagione calda. Erano già state trovate in altri casi in Veneto, e si trattava di omicidi avvenuti durante l'estate. Gli insetti confermavano il frame. E la decomposizione era avvenuta lì: il cadavere era stato spostato fresco nel bosco e lì si era decomposto, a contatto con le specie del luogo»...





Ultimo aggiornamento: 14:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci