Convention di Confindustria, Baban:
il sistema ha retto siamo competitivi

Venerdì 27 Marzo 2015 di Paolo Francesconi
Convention di Confindustria, Baban: il sistema ha retto siamo competitivi
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Il sistema industriale italiano prima e dopo la crisi del 2008. I vivi e i morti. Le prospettive, le sfide, i messaggi dal futuro prossimo. L’identikit del nuovo imprenditore. Sono i temi al centro della Biennale della Piccola Industria, l’appuntamento convegnistico di due giorni che dopo anni torna in Veneto (hanno già aderito mille imprenditori) dedicato a "Rinascimento è impresa: per una nuova economia della trasformazione" che si terrà oggi e domani all’Hilton Molino Stucky di Venezia organizzato dalla Piccola industria di Confindustria. Due giorni di idee, stimoli, racconti tra imprenditori, niente politici, a parte il faccia a faccia conclusivo tra il leader di Confindustria Giorgio Squinzi e il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, quello del Jobs act. Padrone di casa è Alberto Baban, presidente nazionale della Piccola impresa di Confindustria e del gruppo Tapì, una delle "lepri" che hanno corso più veloci della crisi.

Baban, Confindustria registra un aumento del Pil dello 0,2% nel primo trimestre. Ci sono davvero segnali interessanti?

«Su quel dato incidono molto i fattori esogeni, la fortunata congiunzione astrale di euro debole, calo del petrolio, liquidità delquantitative easing della Bce. Eppure non siamo qui a goderci una vera inversione di tendenza, una crescita del 2% del Pil. Accontentarsi di un +0,2% vuol dire riconoscere che, così com’è, il Paese non può crescere. È una sconfitta ragionare in termini di 0,».

Negli ultimi anni le imprese hanno affrontato difficoltà senza precedenti

«La competizione sempre più violenta ha trasformato le imprese, ma il sistema non è stato distrutto da 8 anni di crisi. Tante hanno chiuso, quelle rimaste sono molto forti, pronte a reagire, capaci di tenere in equilibrio un sistema che altrimenti potrebbe fallire molto di più. Prendiamo le esportazioni, un dato molto veneto, ma anche nazionale: crescono ad un ritmo che la Germania ci invidia. Nonostante 83.000 piccole aziende abbiano chiuso, negli ultimi quattro anni l’occupazione nel settore è scesa dell’1,1%.

Sull’altro versante c’è un sistema-Stato che, a differenza delle imprese, non ha colto l’occasione per riformarsi

«È una vera zavorra, costosa, che schiaccia la competitività. Non a caso parliamo di una crescita dello 0,2%. Lo Stato ha perso troppo tempo, recuperare adesso sarà difficile. L’Italia può vivere un nuovo Rinascimento ma partendo dall’impresa dove si è forgiata una classe dirigente che ha dimostrato di credere nel proprio Paese».

La lentezza di riflessi vale anche per le Regioni?

«Certo, basta vedere come anche quest’anno in gran parte delle Regioni - non in Veneto - non riusciremo a spendere 13 miliardi di fondi europei che probabilmente andranno persi. Gran parte della colpa è in capo alla Regioni».

Martedì è diventato legge l’Investment compact, il pacchetto di agevolazioni fiscali e semplificazioni per le Pmi innovative, sul modello start up. La legge parte da una vostra proposta

«Ci sono tantissime pmi che innovano, sono le nostre start up, perchè non riconoscerle e incentivarle? L’Italia non è la Silicon Valley, la struttura industriale è diversa, in California le start up nascono per essere vendute, in Italia le imprese sono familiari e nascono per essere trasmesse. Ma abbiamo almeno 20.000 pmi che sono autentici driver, non solo esempi da seguire, ma aziende capaci di trainare sistemi. In Italia le start up innovative esistono e si chiamano Pmi».
Ultimo aggiornamento: 10:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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