Marcello, da malato a scalatore:
«Salvato dalle erbe e la filosofia»

Lunedì 25 Maggio 2015 di Clelia Delponte
Marcello Nardin
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PORDENONE - Ha l'aspetto di un dolce “innocuo” nonnino, Marcello Nardin, con i suoi capelli e la barba candidi, ma basta scambiare due parole con lui per imbattersi nel classico piglio deciso e un po’ burbero di chi nella vita ne ha passate tante, ha sbagliato, ha studiato, ha riflettuto e messo in pratica e ora non accetta compromessi, saldo nella sua sapienza acquisita sul campo. Una sapienza che gli permette a 91 anni di salire in scioltezza sul Cansiglio (fresca impresa di mercoledì 20 maggio) o sul Piancavallo, come sta facendo da due anni per festeggiare gli anni e per dare una scossa agli altri.



Il suo segreto sta oltre che nell'allenamento, nelle scelte alimentari e in quelle filosofiche di massimo rispetto per la natura. Certo questi sono risultati impensabili, considerato che nel 1982 era gravemente malato e ridotto a letto e persino quando era giovane, da militare aveva scelto la Marina, perché non amava camminare.



«Sul finire del 1943 - racconta Nardin, nato nel 1924 a San Donà di Piave (Venezia) - mi presentai a Taranto, dove dovevo imbarcarmi con la marna come cannoniere puntatore. Incrociai un povero marinaio con gli abiti a brandelli e due pezzi di legno legati con lo spago come scarpe, che mi consigliò, se volevo salvare la pelle, di fingermi con la vista debole, perché i cannonieri puntatori morivano come mosche e quelli abili venivano subito inviati al fronte. Il medico mi assegnò la qualifica di cannoniere artefice e fui mandato al corso. Nel frattempo la guerra finì e così io non fui imbarcato sulle navi».



Come è stata la sua «prima vita»?

«Ero un grandissimo lavoratore, a 16 anni ero già un falegname provetto e a 17 lavoravo per una delle migliori falegnamerie al mondo, la Anfodillo di Venezia. Tornato dal militare feci l'autista di autocorriere e autotreni e poi il meccanico. Nel campo dell'edilizia battevo tutti sul lavoro, perché andavo piano! Cioè mi prendevo il tempo di meditare sul lavoro che stavo facendo, perché la finezza sta nell'osservazione e alla fine producevo il doppio degli altri. Quando mi resi conto che mia moglie Maria originaria di Giais, stava poco bene, ma migliorava subito quando tornava a casa, capii che era questione di aria e per avvicinarla trovai lavoro alla Rex. Così lavoravo 8 ore in fabbrica e poi ne lavoravo altre 8, se non di più, per costruire la casa dove tutt'ora abito a Porcia, che ho costruito interamente da solo».



Quando venne la malattia?

«Nel 1982 alla soglia della pensione. Ce le avevo tutte: mal di cuore, vene varicose, angina pectoris, epatite. Sono stato 8 mesi senza alzarmi dal letto, imbottito di farmaci dal mio medico, in preda a dolori atroci, così avevo deciso di farla finita: smisi di prendere medicine e di mangiare, bevevo solo succo d'arancia. Da 85 kg arrivai a 60 però mi accorsi che stavo meglio e compresi la forza purificatrice del digiuno».



Dal suo processo di guarigione cominciò la seconda vita.

«Dopo un anno e mezzo passato in casa, grazie ad un vicino comincia a camminare e poi a correre: 5 anni dopo ero campione regionale di corsa a piedi nella mia categoria (65 anni). Per i dolori mi ero curato con il veleno delle api e con la fustigazione con le ortiche e avevo cominciato a studiare l'agricoltura biodinamica e biologica. I miei autori di riferimento per la medicina naturale sono stati Lelord Kordel, che ha studiato i rimedi naturali di tutto il mondo (con le erbe), Rudolf Steiner e Luigi Costacurta (capostipite del naturoigienismo), con cui ho tenuto anche diverse conferenze. Il suo libro "La nuova dietetica" è la mia Bibbia. Purtroppo sia in agricoltura che nell'industria alimentare si utilizzano tantissime sostanze artificiali e nocive. Ci rendiamo conto che l'industria produce più di 145mila veleni? Per questo motivo non bevo nemmeno acqua, ma solo succo d'ananas, ricco di enzimi, perché tutto è inquinato. L'uomo è l'essere più stupido del pianeta, perché distrugge l'ambiente in cui vive e non controlla le nascite: inquinamento a tutti i livelli e sovrappopolazione sono le più grandi piaghe».



Dunque cosa possiamo fare?

«Io faccio così: da 30 anni ho buttato la patente e mi sposto solo in bicicletta (e sono anche fondatore dell'associazione Aruotalibera, che ne promuove l'uso), in casa mia non entra niente che non sia biologico e coltivo l'orto rispettando al massimo la natura. Il mio orto è autoctono e autonomo, cioè ha bisogno di pochissima lavorazione».



Com'è la sua alimentazione?

«Mangio principalmente frutta (70%) e verdura (30%), sono banditi tutti gli alimenti di derivazione animale ad eccezione dello yogurt per via dell'attività benefica dei batteri. Non tocco alcool, né caffè e prediligo i cibi crudi, perché il fuoco distrugge le proprietà nutritive. Consiglio poi di bere e mangiare in momenti diversi. Meglio idratare il sangue un'ora prima dei pasti».



Qual è la migliore medicina?

«Un'insalata mista con almeno 5 tipi di verdure crude diverse, tra cui non possono mancare aglio o cipolla, poi aggiungo anche le erbe della salute dal mio orto: primule foglie e fiori, margheritine, piantaggine, consolida maggiore, parietaria e rucola selvatica. In particolare la piantaggine e la consolida maggiore sono portentose, e vengono usate anche per diversi medicamenti».



Piccoli consigli da mettere in pratica tutti i giorni?

«Mangiare la frutta migliore, scelta dagli animali: è la migliore, perciò non schifatevi di una mela col verme (ovviamente il verme non va mangiato). Prediligere l'aceto di mele, che rinforza la flora batterica all'aceto di vino, che la distrugge, bere infusi naturali di camomilla e melissa. Naturalmente la prima regola è evitare tutto ciò che è derivazione animale».



Ci spiega la sua filosofia?

«Amo l'ambiente, ma l'ambiente sono io, dunque io mi amo se non inquino. Il mio segreto è il rispetto della natura».
Ultimo aggiornamento: 26 Maggio, 16:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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