Nicola, il "dottore" della tomaia
artigiano della scarpa su misura

Sabato 31 Gennaio 2015 di Paola Treppo
IN LABORATORIO - Nicola Golisano
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PORDENONE - Si fa le scarpe da solo da quando aveva 14 anni e da allora non ne ha mai comprate. «A eccezione di quelle "tecniche" da ginnastica, per fare sport» precisa. E le scarpe sono anche la sua fonte di reddito perché le realizza, a mano, col metodo tradizionale, nella sua bottega di Pordenone, dopo aver imparato l'arte dal nonno e dal papà e averla messa da parte fino a quando si è laureato. Storia singolare quella di Nicola Golisano, 30 anni il prossimo aprile, titolare di una ditta individuale che non conosce crisi.

«Per i comparti di nicchia, specialmente quelli artigianali e creativi - dice - credo che la recessione non abbia avuto effetto. Certo l'impegno è costante: le giornate sono lunghe, la pazienza tanta, la passione grande. Lavoro in media 10 ore al giorno, a volte anche 12.

L'attenzione deve essere sempre elevata: la mia professione è simile a quella del sarto».

Ma a differenza di chi cuce vestiti, chi realizza scarpe ha poco margine negli aggiustamenti perché con cuoio e pelle le modifiche si riducono al minimo. Lei è un creativo e il suo sogno nel cassetto, quando era bambino, era quello di fare l'ingegnere. Poi che è successo?

«Ho frequentato il liceo scientifico e, nel tempo libero, suonato la batteria in un gruppo musicale. La mia famiglia, che ha sempre operato nell'artigianato delle scarpe, non mi ha mai suggerito di prendere una strada piuttosto che un'altra: mi sono sempre sentito libero di fare quello che più mi piaceva. Nonostante gli studi mi abbiamo portato a frequentare la facoltà di scienze multimediali dell'Università di Udine, qui a Pordenone, compreso un anno di Erasmus in Spagna, la bottega e il fare le calzature a mano mi sono rimasti nel sangue, da quand'ero bambino».

Lei era piccolo quando ha cominciato a frequentare il laboratorio di nonno Salvatore che, dopo essere emigrato in Friuli dalla Sicilia e aver lavorato a Carbonia, in Sardegna, ha aperto un negozio a Pordenone. Chi c’era allora in negozio?

«A imparare il mestiere non c'era solo mio padre Roberto, ma anche diversi apprendisti. Ricordo la passione di mio nonno, che era sempre nel suo laboratorio. Finita la scuola ci andavo sempre e giocavo con gli attrezzi. Ho abbozzato le mie prime scarpe a sei anni. Ne ricordo un paio, fatte in jeans, che si abbinavano ai pantaloni e al mio giubbino. Non venivo allontanato dalla bottega perché i miei familiari temevano mi ferissi con coltelli e arnesi affilati. Mi sono fatto male, è vero, a volte, ma non era un dramma: nulla di più di una sbucciatura che potevo procurarmi alle ginocchia cadendo in bicicletta. La libertà di muovermi nel suo laboratorio e quella di sperimentare sono state preziose. A distanza di anni quella professione, e soprattutto la manualità, mi hanno spinto a portare avanti la tradizione di famiglia. Del resto mi sarebbe dispiaciuto che tutta la conoscenza e l'esperienza di mio nonno e di mio padre andassero perdute».

È un bagaglio non da poco perché oggi, a eccezione di un artigiano che opera a Milano, lei è l'unico in Italia a realizzate, su misura, le calzature da donna, oltre che quelle da uomo.

«Sono le più richieste dai clienti e sono più complesse da creare perché la gamma di modelli, stili, materiali, colori e accessori è vastissima. Le donne amano calzature particolari, che magari non trovano nei negozi. Ed è sbagliato pensare che chi si fa fare un paio di scarpe su misura abbia dei difetti ai piedi: nella maggior parte dei casi sono persone che desiderano indossare una creazione unica, di qualità, curata nel minimo dettaglio, artigianale».

Producete scarpe speciali?

«Ci vengono chieste scarpe con misure che non si trovano sul mercato: si va dal 33 al 48. Ricordo che il nonno ne fece un paio grandi, un 51, per il celebre pugile Carnera. Mi hanno detto che nella sua casa-museo di Sequals in esposizione c’è un "esemplare", ma devo ancora verificare se si tratti di una creazione realizzata da mio nonno».

Dove vende le sue scarpe?

«Molti clienti sono della zona di Pordenone, ma anche a Milano, Roma, Bologna e diversi dall'estero. I Paesi del Nord Europa, in particolare, sono amanti delle scarpe fatte a mano. Se per noi italiani l'universo della bottega è una dimensione normale, a tutti familiare, per loro è una vera e propria scoperta. Una volta apprezzato il primo modello ne ordinano altri. Grazie alla comunicazione via web, con la creazione di un sito internet e la realizzazione di un profilo Facebook, siamo conosciuti un po’ in tutto il mondo e il lavoro non manca. È una grande soddisfazione anche se gli orari in bottega ti costringono a limitare le attività nel tempo libero».

Quanto tempo impiega per fare un paio di scarpe?

«In media circa tre giorni. Quelle da donna hanno un costo che parte da 400 euro, quelle da uomo non meno di 500. E poi, in base a specifiche richieste, i prezzi possono arrivare fino a mille euro».

Com’è stata la successione?

«Mio padre, che ha portato avanti per tanti anni il laboratorio del nonno, ha sempre cercato di scoraggiarmi nel proseguire la tradizione di famiglia. Credo volesse facessi un'altra professione. Ma alla fine, dopo aver fatto il fotografo in studi professionali operando nel settore delle immagini per cataloghi industriali, per lo sport e in altri campi, ho capito che fare le scarpe poteva darmi di più. Le mie mani sono l’unico strumento di lavoro. Unite all'esperienza e a quello che negli anni ho "rubato con gli occhi" a mio padre e a mio nonno. Ne vado fiero».

Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 12:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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