​Se la classe politica fa perdere
la fiducia agli imprenditori

Martedì 30 Settembre 2014
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Caro direttore,

sono stato alla Fiera del Marmo di Verona. Ho visitato lo stand di un mio fornitore che produce attrezzature per la lavorazione. Genialità e impegno gli hanno permesso di espandersi fino ad avere cinque capannoni nel Veronese. Ora è disperato per la crisi. Sta svendendo la sua Ferrari.



Adesso sta proponendo ai dipendenti di prendersi in gestione tutti i suoi settori di produzione. E mi ha fatto elenco di marmisti falliti. Abbiamo gustato insieme quel bicchiere di vino di qualità che ogni volta offre ai clienti, ma non abbiamo ripetuto quel gesto rituale del brindisi di augurio. Ed ha concluso che in questi mesi ha partecipato a due funerali di clienti e amici che si sono tolti la vita.




Alberto Botti

amministratore Palladio Marmi

Mestre




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Caro lettore,

la sua testimonianza è la fotografia dello stato d'animo (ma dovremmo dire della intima e profonda sofferenza) di molti imprenditori piccoli, medi e grandi, non solo del nostro territorio. È vero: soprattutto per chi dipende dal mercato interno, mancano gli affari e spesso mancano anche i soldi, perché aver credito è sempre complicato. Ma manca soprattutto la fiducia. È venuta meno la capacità di credere in se stessi e in ciò che si fa. In molti (non in tutti, per fortuna) si è lentamente ma inesorabilmente afflosciata quella molla che per un imprenditore rappresenta spesso, da sola, la metà del suo successo.



Il motore dell'economia deve essere alimentato dai profitti e dai fatturati, ma la fiducia è un combustibile impalpabile per mettere in azione gli "animal spirits" come li definì il grande economista Keynes, ossia quelle emozioni istintive e quella voglia di rischiare che sono il pane quotidiano di uomo d'impresa. Se c'è una responsabilità che ha la classe politica e dirigente italiana è innanzitutto questa. Di aver fatto troppo poco, pur nella lunga crisi che stiamo vivendo, per rimettere in moto queste "emozioni", per dare segnali di speranza e di cambiamento possibile. Le cronache di questi giorni sono lì a dimostrarlo: la conservazione e la tutela dei propri interessi particolari continua a prevalere su tutto. Sembra invece mancare la consapevolezza che se la ripresa arriverà dai mercati internazionali, da qui può e deve arrivare un contributo decisivo per avvicinarla e per evitare che si disperdano risorse, competenze e capacità.

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