Renzi all'attacco: «D'Alema? Quando parla guadagno un punto nei sondaggi»

Mercoledì 1 Ottobre 2014
Renzi all'attacco: «D'Alema? Quando parla guadagno un punto nei sondaggi»
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La fiducia al Senato sul Jobs act ci sar. Negli ambienti di governo lo considerano ormai un passaggio obbligato. Matteo Renzi punta deciso al primo via libera alla riforma del Lavoro entro l'8 ottobre, giorno del vertice europeo a Milano. Proprio quel giorno, stimano alcuni, calendario alla mano, potrebbe esserci il voto finale. E porre la questione di fiducia obbligherebbe anche i più battaglieri nella minoranza ad allinearsi, o al massimo uscire dall'Aula, per dimostrare che il loro reale scopo, come assicurano, non è quello di abbattere il governo.



Fino a quel momento, l'obiettivo indicato dal premier a chi sta seguendo la partita a Palazzo Madama è 'recuperare' ogni singolo senatore della minoranza Pd, per fare in modo che i voti di FI sulla riforma non siano determinanti per la maggioranza, ma solo aggiuntivi. Di certo, Renzi si sente tranquillizzato dall'esito della direzione. Anche perché convinto che gli interventi di fuoco di Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani, non facciano altro che polarizzare lo scontro, facendolo apparire un confronto tra vecchia guardia e rottamatori.



Non solo perché, come dice Renzi
. Ma anche perché ora i due 'big' appaiono isolati, ragionano i renziani, rispetto ai parlamentari. E potrebbero indurre alla prudenza i senatori della minoranza dem che non vogliono rischiare di rompere con il loro partito. Un contributo positivo vengono considerati anche gli attacchi venuti da Ncd e FI alla linea emersa in direzione. Perché, come sottolinea il 'giovane turco' Matteo Orfini, all'accusa di aver fatto «una cosa di destra», ora si può replicare che «Brunetta, Romani e Sacconi attaccano il Pd per l'odg approvato».



Renzi si dice ottimista che alla fine dei conti non ci saranno franchi tiratori del Pd e non si aprirà una questione di tenuta della maggioranza. Ma la richiesta ai senatori di uniformarsi alla decisione della schiacciante maggioranza direzione da sola, spiegano a Palazzo Madama, potrebbe non bastare. Cruciale sarà il testo dell'emendamento che il governo si appresta a presentare, sulla base del documento approvato in direzione. Lo affermano tanto il 'giovane turco' Francesco Verducci, quanto il bersaniano Alfredo D'Attorre, che è tra i venti ad aver votato no.



Sulla base di quel testo la minoranza dem deciderà se ritirare le proprie proposte di modifica e soprattutto i singoli senatori decideranno come votare. Nell'assemblea di Palazzo Madama in mattinata si è evitato di mettere ai voti la posizione del gruppo perchè, viene spiegato, si vuole evitare di cristallizzare le posizioni attuali e prendere tempo, da qui all'inizio delle votazioni in Aula martedì prossimo, per convincere e ancora mediare.



Alcuni senatori avvertono che c'è ancora molta strada da fare e a titolo di esempio additano la posizione molto critica espressa da Anna Finocchiaro sull'intenzione, dichiarata nei giorni scorsi da Renzi, di togliere ai giudici competenza sul reintegro ex articolo 18.
«Se lei si è espressa così - dice un civatiano - vuol dire che le cose sono tutt'altro che tranquille». Ma osservati speciali sono soprattutto i senatori di Area riformista, che in direzione si è spaccata tra chi si è astenuto, come Guglielmo Epifani e Roberto Speranza, e chi ha votato contro, come Bersani e D'Alema. A Speranza i renziani attribuiscono adesso la responsabilità di 'recuperarè tutti i senatori dell'area, anche per dimostrare, osservano con malizia, di avere dalla forza di continuare a essere capogruppo. Chi ha votato no tenta invece di tenere la posizione e sottolinea che quel no, cui hanno aderito cuperliani, civatiani, bindiani, ha cristallizzato la nascita di un »fronte unito delle minoranze«. Da lì si proverà a ripartire.
Ultimo aggiornamento: 17:09

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