I film: Sokurov è di un altro pianeta,
Black Mass risaputo ma efficace

Sabato 5 Settembre 2015 di Adriano De Grandis
I film: Sokurov è di un altro pianeta, Black Mass risaputo ma efficace
Quando poi arriva uno dei veri Maestri del cinema di oggi, capisci la differenza, la forza, l’impatto, rispetto alla stragrande maggioranza delle cose che vedi ogni giorno. “Francofonia” del russo Aleksander Sokurov (Leone d’oro 2011 con “Faust”) scuote la Mostra con un’opera spiazzante e intensa (a cominciare dai titoli di coda mostrati all’inizio, mentre il regista conversa con il comandante di un cargo che trasporta in mare container di opere d’arte), dove si intreccia in una “finzione documentaristica” una colta e raffinata disquisizione (che il regista compie direttamente con lo spettatore in un colloquio immaginario) su Arte e Potere, con i loro magnifici e perversi intrecci. Piombando nella Parigi invasa dai tedeschi, fin dentro la casa del Louvre (come fece a suo tempo con l’Ermitage di “Arca russa”, ma rinunciando a estremismi estetici e creandone il puntuale controcanto), Sokurov spiega le ragioni dell’esistenza dell’Arte, con i musei chiamati ad essere culla della memoria e della civiltà (i riferimenti al naufragio della nave con il pericolo che tutto questo vada disperso), in una specie di pensiero-almanacco, dal montaggio sincopato, tra il politico e il satirico (dai francesi collaborazionisti ai tedeschi che non vincono mai una guerra, le vittime bolsceviche).

Scompare al confronto l’altro film in concorso del giorno, “Marguerite” di Xavier Giannoli, dove il regista francese narra la vera storia di una nobile francese (Marguerite Dumont) che aveva una passione incontrollata e devastante (per chi l’ascoltava) del canto, con un piccolo problema: era tremendamente stonata. Graziata dal marito, dai parenti, amici e servitù varia sulla verità, che anche lei non riusciva a percepire, va incontro a una catastrofe, quando dalle stanze della villa di proprietà sposta il palcoscenico in un vero teatro e davanti a un vero pubblico. Giannoli descrive la tragedia di una donna, a suo modo, ridicola, fermandosi sempre prima di addentrarsi nella vera ossessione, in un delirio di talento mancato, che porta l’impossibile artista a fare scempio di ogni verità, mancando quindi l’obiettivo principale. E’ il limite di un film che si attarda troppo, invece, a descrivere tutto l’ambiente di inizio Novecento. Ma l’interpretazione di Catherine Frot è da Coppa Volpi.

Infine fuori concorso ecco “Black Mass” (L’ultimo gangster) ennesima, ormai debole variazione del gangster-movie, con la quale Scott Cooper racconta la vera, feroce storia del delinquente Jimmy Bulger nella Boston degli anni ’70. Di palese matrice scorsesiana (Dio, famiglia e mitra, con tutti i topoi del caso), il film è un onesto prodotto senza sussulti, che si segnala per il ribaltamento iconografico dell’ultimo (lungo) periodo di Johnny Depp (fortemente in ribasso), qui gelido boss dal pesante trucco (nella foto), anche se nemmeno stavolta la sua recitazione va oltre qualche smorfia; e per il bis della città di Boston (e del Boston Globe, come emblema del sano giornalismo) come terreno marcio, il giorno dopo “Spotlight”. Nelle pieghe degli intrecci tra malavita e forze dell’ordine, forse andava sviluppato meglio il rapporto con il fratello senatore (Benedict Cumberbatch, di impassibile presenza), la parte “pulita” della famiglia, ma le due ore filano nonostante uno spettacolo risaputo.
Ultimo aggiornamento: 8 Settembre, 16:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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