Franco Di Mare morto, la denuncia contro la Rai e la pratica ferma all'Inail per chiedere di collegare il tumore al suo lavoro di inviato

L'ex direttore di Raitre aveva un mesotelioma: sosteneva di averlo contratto respirando amianto come inviato nelle zone di conflitto

Venerdì 17 Maggio 2024
Franco Di Mare è morto, quella richiesta di danni alla Rai e la pratica ferma all'Inail per chiedere di collegare il tumore alle missioni di guerra

Aveva dato una doppia intervista, a un quotidiano e a una tv, in cui si era detto indignato e aveva denunciato la Rai, l'azienda per cui aveva lavorato una vita come giornalista e come direttore di rete (Rai3). Era fine aprile, appena un paio di settimane fa, Franco Di Mare, morto a 68 anni, aveva detto al Corsera e in trasmissione da Fazio (parlava con i tubicini dell'ossigeno che uscivano dalle narici e lo aiutavano a respirare) che si era ammalato: un tumore raro, un mesotelioma che avrebbe contratto durante le missioni di guerra, intraprese da inviato Rai. Durante questi viaggi nei teatri di crisi (dalla Bosnia, Croazia e Kosovo fino al Mozambico, Somalia, Rwanda, Burundi ma anche Afghanistan e Iraq) raccontava che entrato in contatto con l’amianto, sostanza tossica, che può provocare appunto questo tipo di cancro molto aggressivo.

E perciò chiedeva un risarcimento.

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Franco di Mare, richiesta di danni alla Rai per le missioni di guerra e la pratica ferma all'Inail

Di Mare aveva chiesto di ottenere lo «stato di servizio», una certificazione nero su bianco dell'esposizione all'amianto durante le missioni effettuate come giornalista. Un documento necessario a collegare la diagnosi al suo lavoro di inviato, e a chiedere poi i danni.  

Il giornalista che era in pensione dall'anno scorso ha scoperto la malattia nel 2021: «Mi sono piegato in avanti, muto, con le mani sulla testa», aveva raccontato a Giovanna Cavalli il momento disperato della diagnosi comunicatagli dal medico. E come spesso succede, disse che fu un momento choc. 

Del suo caso si stavano occupando i massimi vertici Rai: l’ad Roberto Sergio e anche il dg Giampaolo Rossi, che in una nota avevano risposto sgomenti di essere venuti «solo da poco a conoscenza della drammatica vicenda» e avevano «assicurato la loro massima disponibilità a fare tutto il possibile per consentire al giornalista di ricostruire quanto da lui richiesto».

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Ma Di Mare in realtà aveva riferito una certa freddezza: «Quando mi sono ammalato ho chiesto di avere lo stato di servizio, con l’elenco delle missioni, per supportare la diagnosi. Ho mandato almeno 10 mail, dall’ad al capo del personale. Nessuna risposta», aveva detto al Corsera.

«I dirigenti Rai? Prima ci prendevo il caffè ogni mattina  poi mi hanno ignorato»


«Con alcuni dirigenti prendevo il caffè ogni mattina. Ero un dirigente come loro, direttore ad interim di Raitre. Gli ho scritto messaggi sul cellulare chiamandoli per nome: “Ho una malattia terminale”. Mi hanno ignorato. Ripugnante, dovrebbero vergognarsi. Peraltro il palazzo di viale Mazzini è pieno d’amianto. Sottovoce, ti sconsigliano di appendere quadri al muro», aveva raccontato nella stessa intervista al quotidiano di via Solferino.

Si era battuto perché risultasse il nesso causale tra i suoi viaggi di lavoro e quella malattia che gli aveva fatto collassare il polmone.

Ma la pratica in cui chiedeva il riconoscimento del cancro come patologia contratta in servizio era ferma all’Inail, l’ente a cui si erano appellati lui e i suoi legali. E la certificazione Inail era indispensabile per poter liquidare quanto richiesto al giornalista. Il tempo però si è dimostrato un nemico: la Rai è un'azienda pubblica e per poter erogare eventualmente questi soldi ha bisogno di certificazioni molto precise altrimenti incorre in un danno erariale. Perciò la questione è finita nelle maglie burocratiche, tra rimpalli e pastoie giuridiche. Di fatto non si era mosso nulla, ragion per cui Di Mare aveva deciso di dare pubblicamente la notizia della sua malattia e di denunciare viale Mazzini per questo intoppo legale.

I suoi avvocati, intanto, avevano sollecitato la Rai a inviare un medico legale che accertasse almeno la malattia. Ma la pratica era ed è rimasta, come detto, in sospeso. Il giornalista purtroppo è morto oggi senza vedere quel riconoscimento. 

A contribuire alla stasi è stato un particolare anche cronologico: gli uffici dell'Inail sono venuti a conoscenza del caso solo a fine ottobre 2023, durante il passaggio della tutela dall'Inpgi, l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, all'Inail.

E l’Inail - una volta appresa la notizia - non ha potuto prendere in carico il caso di Franco Di Mare, perché aveva spiegato era “persona non tutelata” ai sensi della normativa Inpgi. «Le malattie dei professionisti dell’informazione titolari di un rapporto di lavoro subordinato – aveva specificato l’Inail – sono tutelate solo dall’inizio del 2024, dopo la fine del periodo transitorio di passaggio dalla tutela dell’Inpgi a quella dell’Istituto». Ecco perché l'Istituto non sarebbe stato legittimato ad accertare il nesso causale tra malattia e lavoro da inviato né a rilasciare la certificazione che ne chiedeva la correlazione.

Di Mare sarà ricordato per quei servizi giornalistici sul campo, girati in presa diretta. E lui ci teneva a ricordare i rischi corsi per girarli. 

Ultimo aggiornamento: 19 Maggio, 13:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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