«Non sarebbe sbagliato che l’educazione sessuale la facessero le maestre, ma servirebbe una organizzazione e una formazione che purtroppo non hanno». Luigi Zoja, psicoanalista, già presidente della Iaap, l’associazione internazionale degli analisti junghiani, sa bene che la situazione è molto più contorta di quanto appaia: «il problema - spiega - è soprattutto che ci sono una infinità di genitori molto frustrati perché i figli sfuggono molto presto al loro controllo e quindi se la prendono con l’insegnante».
Partiamo dall’educazione sessuale a scuola. Serve davvero?
«Ho pubblicato un anno e mezzo fa un libro sul nuovo disastro della condotta sessuale dei giovani, di cui non si parla abbastanza.
Già da piccoli?
«Sì, lo vedono sullo smartphone o sul computer. Le famiglie bene educate, quando si accorgono che il bambino va male a scuola, lo mandano dallo psicanalista. Come si suol dire, chiudono le stalle quando i buoi sono scappati».
Che rischi corre un bambino?
«Su internet tutto è più disastroso, perché vede immediatamente immagini pornografiche - che fanno male anche agli adolescenti e ai maggiorenni - completamente irreali. Prima il porno era una piccola nicchia, una imitazione della sessualità, adesso la sessualità diventa una imitazione del porno, per cui uno dei problemi quasi insuperabili degli adolescenti è che non maturano sessualmente; ci sono 20-30enni che non hanno rapporti sessuali».
Ma a che età è corretto iniziare l’educazione sessuale?
«Non lo so. Non credo che siamo pronti come i paesi scandinavi, ma non possiamo neppure permetterci di ignorare la nuova sessualità che è tutta nevrotica, fatta di ansie, di psicofarmaci, con i quali però non si risolvono i problemi sessuali».
Spetta prima ai genitori educare i bambini?
«Dovrebbero parlarne di più con i figli, ma spesso sono impreparati. Quindi, ci vorrebbe un po’ più di informazione scolastica, e più informazione per i genitori. Del resto, come si fanno i corsi di preparazione al matrimonio, servirebbero anche corsi per la crescita dei bambini, sull’equilibrio tra affettività e sessualità».
Come potrebbero reagire i più piccoli se a scuola sentono parlare di sesso?
«Probabilmente diventeranno ansiosi sia perché troppo improvvisamente l’insegnante li ha immersi in questa tematica, ma anche perché i genitori non gliene hanno mai parlato».
Dov’è che si sbaglia?
«Certamente c’è ancora in Italia chi è cresciuto in ambienti troppo protettivi e conservatori e quindi non è preparato, e c’è una grandissima disfunzionalità sessuale in chi ha vissuto la liberazione sessuale e credeva di poter affrontare tutto questo in modo assolutamente materialistico. E così sono stati fatti pasticci anche nell’educazione sessuale».
Per l’educazione all’affettività conta l’esempio dei genitori?
«Assolutamente sì. Quello che tende a mancare oggi è l’elemento familiare privato, perché dappertutto, a tutti i livelli socio-culturali, c’è una mancanza di tempo trascorso con i bambini. Mentre invece la presenza di internet, dei computer e degli smartphone è diventata prevalente».